di Luciano Manna – Non parlerò mai male del sindacato USB Taranto, che non è il piatto dove ho mangiato per quasi cinque anni della mia vita ma è il piatto che ho preparato e cucinato per tutto questo tempo su una tavola imbandita con stile, professionalità e originalità. Mi sono piaciute molto le parole di Fazio che pochi giorni fa lasciava la Rai, quindi le ho riadattate al mio vissuto recente come addetto stampa del sindacato USB di Taranto, ruolo che ho ricoperto da dicembre 2018 a maggio 2023. In questi mesi ho avuto la possibilità di conoscere tante persone, soprattutto scavare nell’intimo degli operai, in ciò che vivono davvero, nel bene e nel male. A loro dovevo qualcosa, io che prima di loro ho vissuto per molti anni la fabbrica, le notti davanti alle linee di produzione e la vita che può volare via dietro ogni circostanza di lavoro in ambienti opachi tra olii e metallo. A loro dovevo qualcosa e qualcosa a loro consegnerò ma non pensavo di troncare alcuni miei rapporti con loro in questo modo, perché se è vero che in questi mesi ho svolto il ruolo di ufficio stampa in questa organizzazione sindacale è anche vero che per tutti questi mesi ho lavorato da subordinato senza uno straccio di contratto. Ed allora c’è qualcosa che non va e che va raccontata. Raccontare qualcosa, scriverla, è come arrivare alla soluzione di una espressione algebrica alquanto complessa. Ti rimbombano parole e versi per giorni nella testa, ci sono i pro e i contro che sono i valori positivi e i negativi. Poi arrivi alla fine ed esce il risultato. Ne vale la pena, basta che sia un valore positivo qualsiasi, anche incognito, un valore qualsiasi, anche numericamente basso ma con il segno positivo davanti nonostante i conflitti tra divisioni e moltiplicazioni. Ed eccoci qua, tra numeri, prosa ed a volte squallide rime a raccontare di come non si fa il sindacato, di come non si difende un lavoratore e di come si possono calpestare i suoi diritti mentre in giro racconti che i lavoratori li difendi ad ogni costo.

Nulla di personale nei tuoi confronti Rizzo. Questo non è uno sfogo, è la cronaca da cui spesso si sfugge pensando che qualcuno possa dimenticare. Ma voglio ispirarmi al titolo della tua festa estiva sindacale: “Noi non dimentichiamo…”. Tranquillo, neanche io. Qui si parla di lavoro e di diritti dei lavoratori. Argomenti, Rizzo, che tu dovresti conoscere molto bene. Il 10 dicembre 2018 invio la prima email dall’indirizzo che avevo creato appositamente per l’ufficio stampa al fine di inviare i comunicati che redigevo personalmente e che inviavo alla lista di contatti di redazioni e agenzie di stampa. Di lì parte la contruzione digitale dell’ufficio stampa USB Taranto che successivamente arriva a fare comunicazione con mailing list, sito web ed account social facebook, instagram e twitter con testi, editing di foto, video, grafiche, locandine, ecc. Da lì a maggio 2023 ho lavorato come subordinato alle dipendenze del sindacato rimanendo a disposizione dei suoi dirigenti, Rizzo in testa, a qualsiasi ora del giorno e per qualsiasi giorno della settimana, per Rizzo e per i diversi delegati impiegati sindacalmente nei diversi settori di lavoro, principalmente, naturalmente, impiegato per le questioni della fabbrica. Ricordo di comunicati stampa scritti al telefono con Rizzo durante le ore notturne, specie quando accadevano eventi eccezionali nello stabilimento. Ma, partendo dalla fine, pur avendo lavorato in questo modo, nonostante le ripetute richieste, non ho mai avuto un contratto di lavoro. Chi glielo racconta ora a quelli della sede nazionale romana al tuscolano, che solo pochi giorni fa lanciavano la campagna di comunicazione “Cercasi schiavo” per denunciare lo sfruttamento dei lavoratori, che gli schiavi nel mondo del lavoro li ha prodotti proprio la loro sezione locale USB di Taranto? Chi glielo racconta che gli schiavi li avevano in casa, e probabilmente li hanno ancora, e USB Taranto ne produceva schiavi del lavoro anche quando la stessa organizzazione organizzava le manifestazioni di sciopero nazionale a Roma, l’ultimo lo scorso 24 giugno 2023? E quindi USB va a Roma ed in altre città d’Italia a manifestare contro gli schiavi del lavoro avendo prodotto lei stessa schiavi a cui ha tolto qualsiasi dirittto e dignità? Rizzo, come funziona nel tuo mondo sindacale il mondo del lavoro? Raccontacela tutta.

 

La truffa, la finta vertenza. Partiamo dalla fine, dicevo. Pacco, doppio pacco e contropaccotto è un film cult degli anni ’90 dove si narra di alcuni imbroglioni che smarmellano arguti progetti al fine di truffare il prossimo. Rizzo è riuscito a fare meglio. Intorno alle ore 10 di sabato 18 marzo mi incontro nei pressi di Gandoli, sulla litoranea salentina, con Rizzo per discutere per l’ennesima volta di lavoro e relativo inquadramento. Rizzo per sanare gli anni lavorati mi propone una cosa alquanto originale: “Tu mi fai vertenza dalla Uil Trasporti, tramite Carmelo Sasso, e saniamo tutto il pregresso della nostra collaborazione, senza nulla a pretendere in futuro, con una conciliazione sindacale in sede da noi a Talsano. Acqua in bocca! La quota della conciliazione sono 500 euro. Cioè io questo mese non ti pago e con il tuo stipendio facciamo la conciliazione”. In tanti anni di lavoro nessuno mai mi aveva proposto una porcata simile ma a quel punto volevo vedere sino a che punto arrivasse Rizzo. Quando gli ho chiesto spiegazioni sulla vertenza dicendogli che non era una cosa a cui ero propenso lui mi risponde che la vertenza era già preparata e che io dovevo solo firmare, ed inoltre, per tranquillizzarmi, nella testa del suo mondo sindacale, mi dice che la stessa modalità l’hanno adottata per altri lavoratori dell’USB. Io non so quanto il signor Sasso fosse al corrente di questa vera e propria truffa che poteva servire solo per calpestare la mia dignità di lavoratore professionista, ma per tutelarmi ho anche informato i vertici sinsacali della Uil con mezzi formali.

 

Le pressioni dal mondo delle cozze. “Non scrivere più niente sulle cozze, ci sono grossi, grossi problemi per te e per me”. Queste le parole di Rizzo pronunciate in una telefonata intorno alle ore 18 di giovedì 27 gennaio 2022. Ma cosa era successo? Il 25 gennaio 2022, intorno alle ore 15 circa, si svolgeva l’incontro on line istituito dal gabinetto del ministro del sud Carfagna con argomento pesca e mitilicoltura tarantina. L’incontro scaturiva dal precedente tenuto ad ottobre 2021 a Palazzo di Città. Pur non avendo nessuna delega del sindacato USB chiesi a Rizzo di parteciparvi vista la presenza al tavolo istituzionale delle altre sigle sindacali. Nel primo pomeriggio mi collego on line con un computer dalla sede USB di Corso Umberto, all’incontro virtuale partecipano una ventina di persone. Dopo aver ascoltato diversi soggetti, tra cui sindacati, rappresentanti di categoria e cooperative pesca, sono intervenuto per conto dell’USB Taranto. Con il mio intervento rappresento al gabinetto del ministro l’annosa problematica degli inquinanti che insistono nel Mar Piccolo al fine di adoperarsi per la messa in opera delle bonifiche, inoltre, nello stesso intervento, facevo presente al tavolo ministeriale che l’intero comparto ittico, sia per la pesca che per la mitilicoltura, è interessato da forti influenze di famiglie che figurano nei report della DIA; che nonostante molti mitilicoltori si pronunciano in difesa dell’allevamento della cozza tarantina molti operatori vendevano il seme della cozza tarantina in Grecia, captato nel primo seno, a una nota famiglia di spicco della malavita, che tra l’altro pochi giorni prima era stata interessata da un sequestro di 5 milioni da parte della DIA; che l’abusato argomento della cozza morta nel secondo seno a causa di alte temperature dell’acqua è stato anche scenario di truffa nei confronti dell’istituzione regionale in quanto negli anni passati gli indennizzi per mitili morti venivano fatti sulla base di non certificate attestazioni di campi mitili con allevamento perso, appunto, per le alte temperature.

Cose note alle cronache, insomma, ma come si sa, in questa città il problema non è chi certe cose le fa, in modalità illecita, ma chi certe cose le racconta. Nel corso della giornata di giovedì 27, alle ore 16, il segretario dell’USB Taranto mi contattava a mezzo messaggeria whatsapp e mi chiedeva di raggiungerlo per le ore 18 a Talsano. Appena letto il messaggio raggiungevo telefonicamente Francesco Rizzo per chiedergli il motivo dell’incontro e questo mi riferiva che mi contattava per una cosa molto importante. Alle 17.30 mi recavo a Talsano e chiamavo telefonicamente Rizzo per sapere dove incontrarlo ma lui mi diceva di non sentirsi molto bene e che dovevamo rimandare l’incontro. Alla mia domanda di darmi almeno informazioni su quanto accaduto, Rizzo mi riferiva le seguenti parole: “Non scrivere più niente sulle cozze, ci sono grossi, gossi problemi per te e per me”. A queste parole ho insistito per incontrarci dicendo a Rizzo che lo avrei anche raggiunto a casa ma lui rifiutava perché mi diceva che telefonicamente non ne voleva parlare ed il giorno dopo partì per diversi giorni fuori città.

Nel corso dei giorni seguenti, da mie precise informazioni acquisite, apprendo che a seguito del tavolo istituzionale del 25, Francesco Rizzo è stato raggiunto da diverse telefonate che lamentavano il mio intervento al tavolo istituzionale. Nello specifico, oltre le telefonate si sono concretizzati alcuni incontri presso la sede USB Taranto di Corso Umberto, tra il segretario USB Francesco Rizzo ed alcuni soggetti del comparto ittico in cui si chiedeva la testa di Manna e l’esclusione dal tavolo istituzionale. Alcuni di questi soggetti, tra l’altro, non avevano partecipato al tavolo. Rizzo non mi ha mai informato circa questi incontri, né sui partecipanti (anche se avevo acquisito in autonomia i loro nomi), né sui contenuti. Soltanto in una occasione mi liquida con alcune battute superficiali dicendomi: “Mi hanno fatto i nomi di alcune famiglie, noi da questo tavolo non ci guadagnamo nulla. Meglio non partecipare più”. La difesa della legalità, questa sconosciuta. Fu un occasione persa per Rizzo e per l’intera organizzazione sindacale.

 

Le pressioni dalla fabbrica Ex Ilva. Sin dai primi mesi di lavoro come ufficio stampa del sindacato USB Taranto si sono concretizzati malumori negli ambienti della fabbrica ex Ilva quando questa si è avviata alla gestione ad opera di ArcelorMittal, ma questi malumori, a dire il vero, si verificavano anche nello stesso sindacato. Fu lo stesso Rizzo, sutito dopo l’arrivo di ArcelorMittal, a dirmi che fu fermato da un dirigente aziendale che gli disse: “Manna nell’ufficio stampa USB non va bene”. Io pensavo che stando all’interno del sindacato avrei avuto una protezione in più. Mi sbagliavo. Nel corso degli anni ho capito che avevo un problema in più e rappresentava un problema per Rizzo la mia opera di denuncia ambientale nei confronti della fabbrica. Non avevo solo i gestori della fabbbrica come resistenti alla mia campagna di comunicazione a mezzo stampa che metteva in luce una serie di problematiche che si concretizzavano sugli impianti, all’interno della fabbrica. Il mio problema consisteva nell’originalità di comunicazione, cosa che perdura tutt’oggi e che, nonostante tutto, non è mai terminata: le fotografie e i video girati all’interno della fabbrica e alcune testimonianze anonime di operai. Numerose ed incessanti sono state le pressioni di Rizzo nei miei confronti per farmi desistere da quel tipo di denuncia. In una occasione, resosi conto che le sue “raccomandazioni” nei miei confronti non sortivano effetto, mi chiese di interrompere le pubblicazioni di foto scattate all’interno della fabbrica sino alle elezioni di fabbrica per eleggere i delegati. Ci avevo sperato in un sindacato che potesse unirsi alle annose istanze dei cittadini di Taranto ma soprattutto combattesse accanto alla gente. Ci avevo lavorato per anni mettendoci la faccia e subendo anche numerose critiche perché ero e sono ancora convinto che una società coesa può decidere il proprio futuro. Con una spaccatura netta tra cittadini ed operai il padrone ha vita facile e può continuare a condurre gli impianti dell’acciaieria violando leggi, prescizioni ed ogni cosa scritta in difesa dei diritti delle persone. Altra occasione persa da Rizzo. Poco gli innteressava di dimostrare realmente cosa accadeva all’interno della fabbrica, il problema ero io che potevo addirittura compromettere l’immagine del sindacato nelle elezioni di fabbrica. Le pressioni nei miei confronti sono durate per anni e non solo da Rizzo che si procurava di farmi chiamare anche da alcuni suoi fedelissimi delegati.

Il 17 aprile, ad esempio, intorno alle ore 14, mentre ero impegnato in un incontro nella sala della presidenza della Regione Puglia con Michele Emiliano per discutere le solite questioni ambientali tarantine, venivo raggiunto telefonicamente dal delegato per gli operai ex Ilva in As, Michele Altamura. Non gli risposi subito ma avevo già capito il motivo della sua telefonata: alle ore 10 dello stesso giorno avevo pubblicato un post che denunciava le condizioni di lavoro degli operai in amministrazione straordinaria che venivano impiegati nel cantiere delle bonifiche leggere nell’area adiacente alla discarica ex cava due mari, a nord dello stabilimento sulla strada statale per Statte.

Appena uscito dall’incontro, ancora sulle scale del palazzo dove si era tenuto l’incontro, richiamo Altamura che immediatamente mi rivolge parole non molto chiare. Michele Altamura, che probabilmente in quella telefonata utilizzava con me lo stesso approccio da lui adottato per contattare gente alle feste nelle discoteche, mi dice che era stato contattato dalla dirigenza aziendale e avevano chiesto di me e di quel post. Addirittura. La dirigenza aziendale chiama Altamura. Ma per favore. Chi ha detto, davvero, ad Altamura di chiamarmi e di intimidirmi per quel post di denuncia in area bonifiche in cui sono impiegati gli operai posti in amministrazione straordinaria? Inoltre, nella stessa telefonata, cerco di spiegare ad Altamura che forse il problema non era il mio post ma le condizioni di lavoro degli operai, che lui doveva occuparsi di questo in quanto delegato degli operai Ilva in As, non del mio post su facebook che scardinava la coltre omertà e paura. Pochi giorni prima avevo ricevuto la denuncia di un operaio (iscritto Usb) che, chissà perché, si rivolgeva a me e non ad Altamura. L’operaio mi rappresentava la pericolosità di fare la pausa pranzo nei containers a pochi metri dalle montagne di rifiuti speciali della fabbrica, tra l’altro in movimentazione con pale meccaniche che caricavano quel materiale su mezzi pesanti. Niente, per Altamura gli operai possono continuare a mangiare pane e minerale, il problema è Manna che denuncia sul social. Pazienza. Pazienza per Altamura, ma gli operai continuano a lavorare in quelle condizioni e qualcuno non fa il suo lavoro come dovrebbe fare un sindacalista, un sindacato.

 

La politica 1: l’incontro col sindaco di Taranto. Il 15 marzo 2021, alle ore 14.30, si è tenuto un incontro “informale” in sala giunta di Palazzo di Città tra il sindaco di Taranto Rinaldo Melucci, Rizzo e Manna. Ero reduce da due anni di collaborazione nell’ufficio stampa senza uno straccio di contratto ed insistevo nei confronti di Rizzo per avere un inquadramento nel ruolo di ufficio stampa e con i lock down ancora in corso chiedevo a Rizzo di formalizzare la mia posizione soprattutto in occasione del mio rientro nell’attività visto che da marzo a ottobre 2020 non avevo lavorato nell’ufficio stampa dell’USB Taranto perché ero impiegato a Roma in un set cinematografico. Il rientro, che con Rizzo discutevamo già da gennaio del 2021, era l’occasione giusta per tornare nell’ufficio stampa ma con la speranza di ottenere un contratto di lavoro, non come gli anni precedenti. C’era in ballo anche la realizzazione del sito web che USB Taranto non aveva mai avuto e che creai successivamente, ad aprile 2021. Ma quell’incontro era una forca caudina. Rizzo mi chiese di incontrare il sindaco di Taranto Melucci al fine di “sanare” un certo rapporto con lui, che, a detta di Rizzo, era molto infastidito dalle mie critiche nei confronti dell’amministrazione locale. Cosa pensò, quindi, Rizzo? Contestualmente mi propose sette mesi di contratto in cui mi pagava eventuale stipendio e realizzazione del sito web a patto, però, come mi disse Rizzo: “che spegni il social e si interrompono le critiche verso il sindaco Melucci. “Pensaci – mi disse – e fammi sapere”. Rifiutai quel contratto e lo feci lasciando traccia del mio diniego rimanendo disponibile, comunque, all’incontro con il sindaco per capire quale era effettivamente la materia da trattare ma per me era quasi scontato che negli ambienti ci si preparava alla campagna elettorale successiva in cui Melucci si sarebbe ricandidato.

Quel giorno potetti salire a Palazzo di Città senza essere passato dal ricatto occupazionale propostomi dal sindacato di Rizzo, e specifico “sindacato di Rizzo” proprio per rispetto a chi fa sindatato in maniera seria, lo stesso ricatto occupazionale che poi si contesta sbandierando nei presidi sotto i palazzi. Andai a quell’incontro dove la puzza di bruciato si sentiva da molto lontano, lo scoglio del contratto forzato era superato, rifiutato di netto ma toccava uscire con una certa dignità da quell’incontro: portai con me il microfono di RadioVera, spento, senza filo, solo un simbolo della mia attività che era già in corso da tempo con alcune trasmissioni radiofoniche. Al tavolo della Sala Giunta, alla presenza del sindaco e di Rizzo, naturalmente, dopo aver ascoltato i due, mi rivolsi al sindaco Melucci dicendo: “Sindaco io sono qui solo per un motivo, questo è il microfono della mia Radio, chiedo solo di essere trattato come un qualsiasi organo di informazione, tutto qui, sono qui per questo e per nient’altro, se voglio fare alcune interviste non mi buttate fuori come già successo in consiglio comunale”. Ed infatti, in quell’occasione, oltre alle mie “biricchinate” si parlò anche di campagna elettorale. Perché? Che interessi ha Rizzo come dirigente sindacale, oggi addirittura con un ruolo nell’esecutivo nazionale USB, a interloquire con una parte politica ed istituzionale in quella modalità e per alcuni fini? Qual era la merce di scambio? Manna con cosa? Temo che il rifiuto di quel contratto e l’essermi tenuto lontano dalle dinamiche di quell’incontro fu poi un fattore incisivo sui rapporti di lavoro con Rizzo e con il suo sindacato.

 

La politica 2: le elezioni amministrative di Leporano. Il 5 marzo 2022 nella sede del sindacato USB Taranto di Talsano, inotrno alle ore 11, si tiene un incontro informale, in cui ero presente come addetto stampa del sindacato insieme a Rizzo che mi aveva convocato, con le persone che poi sarebbero state i candidati di una lista civica per le elezioni del nuovo sindaco di Leporano e relativo consiglio comunale, elezioni che poi si svolsero a giugno dello stesso anno. Rizzo mise a disposizione dell’intera lista di candidati l’ufficio stampa USB al fine di operare nella campagna elettorale con i soliti strumenti digitali: sito web e relativi social, creazione del logo, foto e video per ogni candidato compreso il candidato sindaco. Si trattava dei candidati che poi vinsero le elezioni, la lista denominata “Per Leporano” con Damiano sindaco. Ma una organizzazione sindacale può essere esecutrice materiale di una campagna elettorale che elegge sindaco e relativi consiglieri comunali? Anche qui la stessa domanda, che interessi ha Rizzo come dirigente sindacale a mettere a disposizione il suo ufficio stampa per una lista civica politica impegnata in una campagna elettorale? Per me fu molto impegnativo questo lavoro che tra l’altro non mi è stato retribuito. Per quei due mesi di lavoro ricevetti soltano alcuni rimborsi spesa. Che poi, quella volta che chiesi un anticipo a Rizzo per mettere benzina non ho mai capito perché in auto con lui, quel giorno, non andammo ad un bancomat ma Rizzo prelevò i soldi in contanti da un centro scommesse del sobborgo cittadino quartier generale del sindacato USB, nei pressi di Viale Europa a Talsano. Poi mi domando. Ma lo statuto e eventuale regolamento del sindacato USB, o di un sindacato in genere, prevede che una organizzazione sindacale operi con soggetti politici nelle modalità descritte?

 

La vertenza, quella vera. Dopo quella proposta gandoliana caratterizzata dalla proposta di vertenza finta che avvenne a marzo di quest’anno deve essere successo qualsosa. Attendevo Rizzo e portavo avanti la sua trattativa attendendo quel fatidico incontro in cui avrei dovuto conciliare quasi cinque anni del mio lavoro con un mio stipendio. Fu umiliante anche il fatto che, a fronte di un mese lavorato, Rizzo mi bloccò lo stipendio mensile perché doveva servire per fare la sua meravigliosa conciliazione. Rizzo, però, all’improvviso sparisce dai radar, nel nulla delle chat tanto impegnative, copiose e ricche di contenuti nel passato recente e meno recente. Conservo tutto. Il 3 maggio, comunque, comunicai a Rizzo che non volevo più proseguire il lavoro nell’ufficio stampa dell’USB. Finiva lì. Poteva pure finire così. Così poteva bastare. Avevo fatto tutto quello che potevo per il sindacato USB Taranto. Per regolarizzare il mio lavoro a maggio del 2021 avevo anche aperto una partita iva, a tutt’oggi attiva, che utilizzavo anche con l’USB di Rizzo per fatturare alcuni miei lavori, rimborsi spesa a parte. Nonostante ciò chiedevo a Rizzo di inquadrarmi ugualmente con un contratto di collaborazione professionale con partita iva, ma niente. Non ottenni nulla. Immediatamente dopo la comunicazione a Rizzo dell’interruzione del mio lavoro mi sono rivolto ad un altro sindacato, ho avviato una vertenza nei confronti del sindacato USB e dopo qualche settimana Rizzo fa comunicare dal suo legale all’avvocato che mi ha seguito nella vertenza che avrebbero solo potuto conciliare questa vertenza, vera e non farlocca, con la somma di 1500 euro.

Ma davvero Francesco Rizzo, esecutivo nazionale dell’USB, pensa di poter comprare la mia dignità, la dignità di una persona con una somma di danaro iniqua? Naturalmente ho rifiutato la conciliazione. Premesso che l’USB Taranto mi deve una somma che va oltre i 6000 euro per fatture da me emesse nei confronti del sindacato USB Taranto e non pagate, ci sarebbero poi le spettanze relative al mio lavoro svolto da subordinato nell’arco di tempo che va da dicembre 2018 a maggio 2023. 1500 euro bastano a Rizzo per calpestare la dignità di un lavoratore? Poi, per le fatture non pagate è vero anche che ci sono le ingiunzioni di pagamento, anche se in questo caso non coinvolgerebbero solo il sindacato. Pazienza.

Francesco Rizzo questa sera, mentre scrivo sono le 14 del 30 luglio, sarà impegnato nell’ambito della festa estiva USB presso la batteria Cattaneo di Leporano, in un dibattito avente oggetto “Salario minimo e contratti”. Ma scherziamo? Ma davvero Rizzo parlerà di contratti di lavoro stasera? Spero che almeno a Rizzo gli si pongano domande precise e non confezionate circa il suo modo di vedere e vivere il mondo del lavoro, il rispetto dei contratti di lavoro e dei diritti e della dignità di un lavoratore perché, almeno nel mio caso, Francesco Rizzo tutte queste belle cose le ha calpestate senza ripensarci un solo minuto e mi ha insegnato, in tutti questi anni, come non si fa sindacato. Non per colpa sua parlerò male del sindacato USB né degli altri sindacati dove ci sono persone che tengono condotte dignitose e i lavoratori li difendono davvero senza porli a ricatti di bassa morale che col sindacato e con il mondo del lavoro non hanno nulla a che fare. Ora, l’invito a Rizzo a rimanere a casa non è una intimidazione o un ordine perentorio. E’ semplicemente l’espressione risultante della sua condotta fin qui descritta. Rizzo nelle more delle sue responsabilità e della sua morale è libero di fare ciò che vuole ma sappia che a mi modesto parere uno che fa sindacato come lui non ha nulla da festeggiare in difesa dei diritti dei lavoratori, nulla da dire in un dibattito dove si parla di lavoro e di contratti di lavoro.

Chi ha letto sino qui forse si domanderà perché queste cose le denuncio ora che non lavoro più nell’ufficio stampa dell’USB Taranto. Eh beh, non è così. La difficoltà del mio lavoro nel corso di questi anni è stata caratterizzata proprio nell’aver svolto questo lavoro denunciando alcune cose in corso d’opera. Infatti è già passato un po’ di tempo da quando ho depositato formalmente in Procura alcuni dei fatti qui narrati. Ma si sa come vanno queste cose. Si attende, aspettando che le cose facciano il loro corso.

 

“La libertà è sempre un buon bottino”