di Luciano Manna – Un serio incidente rilevante si è verificato tra le 4 e le 5 di questa mattina nello stabilimento Acciaierie d’Italia. Hanno preso fuoco in cokeria, per cause ancora da accertare, tre nastri adiacenti le batterie 10/12: i nastri 2/2, 3/3 e nc5 che fanno parte di una delle due linee che riforniscono coke all’altoforno 1. Le cause dell’incendio potrebbero essere diverse: un blocco rullo, la scarsa manutenzione ai nastri stessi con la complicità, forse, del materiale trasportato, il coke ad alte temperature nonostante il passaggio alle docce per lo “spegnimento” dop essere stato sfornato dai diversi forni delle batterie, circa centro forni a batteria. Il fuoco è divampato per l’intera lughezza dei nastri interessati sino, addirittura, a far piegare su se stesso un ponte nastro, cioè una delle struttura in metallo che sorregge i nastri trasportatori stessi. Sul posto sono intervenuti i vigili del fuoco aziendali (che ricordiamo, non fanno parte del Corpo Nazionale dei Vigili del Fuoco) e le ambulanze, anche se si sono registrati, fortunatamente anche stavolta, solo danni alle strutture senza coinvolgere nessun lavoratore. Nella stessa giornata odierna questo incidente ha fatto registrare, intorno alle ore 14, il ritorno dei vigili del fuoco aziendali che con gli idranti hanno dovuto raffreddare alcune strutture metalliche interessate nell’incendio.

Afo1, quindi, al momento rimane con una sola linea di rifornimento mentre ricordiamo che da diversi giorni, sempre in area cokeria, sono notevoli le emissioni di benzo(a)pirene ed altri nquinanti cancerogeni che vengono fuori dalle batterie 7/8 della cokeria a causa dell’assenza di captazione fumi per un problema al tappeto delle cappe di aspirazione che dovrebbero contenere le emissioni durante la fase di sfornamento. Dalle nostre informazioni apprendiamo che ci sono problemi per l’approvvigionamento dei ricambi e per calmierare i danni si è semplicemente alzato il numero delle ore di distillazione del coke in modo da sfornare meno volte durante l’arco di un giorno. Una soluzione che non evita di produrre emissioni per aria senza nessuna captazione dei fumi che contengono inquinanti cancerogeni e sono letali per la salute umana.

Proseguono le grane del gioiello di Stato dopo la ripartenza, a singhiozzo, dell’acciaieria 1: diversi problemi di colaggio per le siviere sino a dover ricorrere ad una pratica rischiosa quanto impattante per l’ambiente, cioè il travaso da una siviera all’altra. Una operazione, anche questa, che avviene nel capannone con la presenza dei lavoratori sena nessuna captazione. In cco1 invece, la colata continua asservita ad Acc1, si sono verificate infiltrazioni nel cassetto che in poche parole si traducono con la fuoriuscita dell’acciaio liquido dal cassetto in maniera incontrollata in diversi punti, col rischio per gli operai e relativi danni all’impianto, quando, invece,  ai fini della produzione delle bramme il colaggio dell’acciaio dovrebbe avvenire da un solo punto.

La fotografia scattata solo oggi agli impianti Acciaierie d’Italia di Taranto è disastrosa. In questa fabbrica ogni giorno potrebbe accadere qualsiasi cosa. Scongiurando un incidente rilevante che potrebbe causare vittime tra i lavoratori, anche se ci si rende conto che non si contano vittime durante quest eventi incidentali o near miss solo per pura fortuna. Ci auspichiamo solo che da un giorno all’altro giunga in fabbrica la polizia giudiziaria per porre fine ad una conduzione degli impianti palesemente criminale che mette a richio la salute dei cittadini e dei lavoratori. Una conduzione che vede tra i gestori lo Stato e il privato ArcelorMittal con a capo il presidente Franco Bernabè e l’amministratore delegato Lucia Morselli.

Nel frattempo escono oggi le motivazioni del processo penale Ambiente svenduto che si possono leggere nell’articolo del giornalista Fracesco Casula pubblicato su Il Fatto Quotidiano . Leggi l’articolo