di Luciano Manna – Un Consiglio dei Ministri all’insegna del decisionismo, così sembra apparire quello del nuovo Governo che a pochi giorni dal suo insediamento ha trovato immediatamente il tempo per varare un DPCM sul tema “rave” al fine di garantire la sicurezza pubblica. Già, la sicurezza delle persone. E allora perché nessuna mossa a favore della sicurezza dei tarantini per dare concreta risposta alle diverse condanne della Corte europea per i diritti dell’uomo, sentenze del 2019 e 2022, per aver legiferato in violazione dei diritti? Taranto e i suoi decreti. A quando un decreto che possa riconsegnare dignità e sicurezza sul lavoro e in termini di salute ai cittadini di Taranto? Potrebbe farlo con la stessa celerità questo Consiglio dei Ministri così ha fatto per il “decreto rave” e come fece con quello del 14 marzo 2014, uno dei DPCM più letali e devastanti emanati sulla città, a favore di una fabbrica che oggi continua a produrre debito pubblico e danno sanitario, ancora oggi dopo l’Ilva dei Riva, con ArcelorMittal e lo Stato dentro la società Acciaierie d’Italia, quella che di made in italy non ha praticamente nulla visto che le scatole cinesi del colosso industriale riconducono a società anonime all’estero capeggiate dalla famiglia Mittal. Il profitto all’estero, i debiti nel paese dei balocchi.
Sono numerose le segnalazioni raccolte nella fabbrica tarantina Acciaierie d’Italia, grazie al nostro collaudatissimo whistleblowing, che ci testimoniano di incidenti, mancanza di sicurezza e conseguente ed incombente rischio per gli operai impiegati su impianti fatiscenti e carenti di manutezione ordinaria. Va detto chiaramente che ogni giorno durante le ore di lavoro sugli impianti dello stabilimento si verificano incidenti gravi che non coinvolgono gli operai solo per fortuna e per pura casualità. A fare l’elenco delle criticità si rischierebbe di far sopraggiungere noia che per assurdo vanificherebbe la denuncia stessa, ma questo è il gioco dell’azienda: non fare nulla affinché le denunce siano ripetitive, ridondanti sino alla nausea affinché non facciano più notizia sulla stampa e per non sollevare la sopita opinione ed attenzione pubblica. Che poi, su stampa e popolo si potrebbe dire tanto, ma non è questo il momento di parlarne anche se una cosa è certa: Ambiente svenduto non ci ha insegnato nulla, almeno così sembra. Tutto cambia affiché nulla cambi.
Ma cosa è accaduto di concreto di recente nella fabbrica? Premessa: alcuni incidenti sono stati anche denunciati dalle organizzazioni sindacali nel corso degli oramai quattro anni di gestione ArcelorMittal, sino agli ultimi mesi, e se nulla cambia al fine di eliminare il rischio per i lavoratori non è certo per colpa del sindacato che, ricordiamolo, non ha funzioni di polizia giudiziaria all’interno dello stabilimento. Drammaticamente le denunce all’interno della fabbrica, almeno questo abbiamo imparato nel corso degli anni, sembrano avere lo stesso peso delle denunce dei cittadini fuori dallo stabilimento. Non perché l’una abbia meno peso dell’altra ma semplicemente deve essere per primo il gestore degli impianti a dare peso alle denunce delle organizzazioni sindacali e rispondere immediatamente evadendole, ma ciò non avviene. Da qui, spesso, scaturisce il dissidio tra cittadini e sindacato: ai tarantini appare una chiara situazione disastrosa, spesso alcuni incidenti sono percepiti anche all’esterno della fabbrica, nei quartieri limitrofi, e quindi ci si rivolge direttamente al sindacato, spesso con lo scontro, chiedendosi cosa faccia all’interno dello stabilimento. Inoltre alcune denunce delle organizzazioni non passano sulla stampa e non tutte vengono comunicate proprio perché giornaliere e periodiche. Da questo scontro ne trae vantaggio l’azienda che vede una tangibile divisione nella società, specie quando vengono organizzate manifestazioni pubbliche in favore di salute ed ambiente dove si vieta espressamente la partecipazione a sindacati o associazioni a statuto politico: che grave errore. Il racconto cambierebbe se nei moti sociali comparissero cittadini, associazioni, comitati e sindacati, tutti insieme.
Ottobre 2022. Durante le ore di lavoro nello stabilimento Acciaierie d’Italia alcuni operai hanno rischiato la vita. Anche in questi giorni potevano non uscire vivi da quello stabilimento. La loro famiglia avrebbe potuto non vederli più. In pochi giorni in Acciaieria 2 si rompe una fune del carroponte rottame nr. 3 e prende fuoco il martellone utilizzato da un operaio per la pulizia della bocca del convertitore. Il lavoratore è riuscito a scendere dal mezzo velocemente evitando si essere investito dalle fiamme. A quanto pare per queste operazioni non esistono Pratiche operative e Documento di Valutazione dei Rischi. Nelle diverse fasi di “spillaggio, strirring e siviera pronta” si verificano alcune reazioni dell’acciaio presente nella siviera, alcune di queste con vere e proprie esplosioni. Incidenti che aumentano di frequenza. Per questi eventi le organizzazioni sindacali hanno anche diffidato l’azienda dal proseguire con alcune operazioni a rischio e che non sono giustificate in nessun documento, hanno richiesto interventi di manutenzione ed inoltre attendono di essere convocate per conoscere le azioni mese in opera dal gestore per evitare che ogni giorno gli operai possano rischiare la vita. Tanto basta per avere una chiara visione di ciò che accade in fabbrica ogni giorno.
Solo ieri, 2 novembre 2022, l’ennesimo grave incidente al carroponte 48 del COB 4 (coordinamento bramme) è uscito fuori dai binari a causa dell’usura delle ruote ed è rimasto in bilico sulle barre di alimentazione sottostanti, rischiando di crollare al suolo sottostante a 30 metri schiacciando qualche lavoratore. Mentre scriviamo tutta la corte celeste aziendale assiste ai lavori di ripristino del carroponte. Nel frattempo nella mattinata di oggi il camino E312 con le sue emissioni ha coperto il cielo di un nero fumo di Londra. Una coltre scura che per effetto dell’inversione termica è rimasta sospesa in aria ad altezze molto basse coprendo il cielo in una cappa mortale irrespirabile. I filtri meros sulla linea E funzionano bene a quanto pare, tanto bene che le polveri vengono scaricate dai filtri primari prima che il collettore giunga ai meros. E i dati del camino E312? Puntualmente capita che Ispra salti i campionamenti al camino ma comunque i capi area sono in una botte di ferro: non vengono presi in considerazione gli stop ed avvio impianto e soprattutto quando l’impianto è a regime e i valori tendono a sorpassare i limiti imposti scatta lo “spegni tutto”. Spegni e riaccendi funziona sempre, specie se questo serve ad evitare che eventuali fuori limite delle emissioni. Che bel quadro. L’acciao di partia è servito. Siam pronti alla morte.
Il 7 dicembre mi recherò presso il Tribunale di Taranto a seguito della querela per diffamazione mossa nei miei confronti dall’amministratore delegato Lucia Morselli perché raccontare queste cose per qualcuno è diffamazione.