di Luciano Manna – L’Italia è sotto procedura di infrazione da parte della Commissione europea per la gestione Ilva di Taranto dal lontano 26 settembre 2013 con l’infrazione numero INFR(2013)2177 dal titolo “AIR- ILVA STEEL PLANT IN TARANTO – BREACH OF THE IPPC AND INDUSTRIAL EMISSIONS DIRECTIVES ” (documento comunicato stampa). Successivamente la Commissione europea ha inviato all’Italia la seconda lettera di costituzione in mora il 14 aprile 2014 mentre il 16 ottobre del 2014 ha passato la procedura al secondo stadio, il parere motivato (nel documento al punto 23) dove esorta le autorità italiane ad adottare misure al fine di rendere il funzionamento dell’impianto ILVA conforme alla direttiva sulle emissioni industriali e alle altre leggi ambientali dell’UE applicabili in virtù del fatto che permangono una serie di violazioni della direttiva sulle emissioni industriali. Il parere motivato del 16 ottobre 2014 riguarda carenze quali il mancato rispetto delle condizioni previste dalle autorizzazioni, una gestione inadeguata dei sottoprodotti e dei rifiuti, una protezione e un monitoraggio insufficienti del suolo e delle acque sotterranee. Tutto ciò sino ad ottobre 2014, e dopo cosa è successo? Siamo nel 2021 e dell’infrazione della Commissione europea circa l’Ilva di Taranto non si hanno ulteriori novità.

A confutare lo stallo degli attuatori della legislazione europea è lo stesso sito della Commissione. Basta navigare a questo link ed inserire INFR(2013)2177 nel campo Numero dell’infrazione. Il risultato sarà questo:

 

Gli europarlamentari italiani D’Amato, Corrao, Evi, Pedicini il 16 dicembre 2020 scrivono alla Commissione europea per porre diversi quesiti in merito all’aggiornamento della procedura di infrazione (2013)2177 mossa nei confronti dello stato membro Italia sulla questione Ilva, da settembre 2018 in gestione all’affittuario degli impianti ArcelorMittal. La risposta di Ursula von der Leyen, politica tedesca, membro della CDU e Presidente della Commissione europea dal 1º dicembre 2019, arriva il 25 gennaio 2021 ed è abbastasza esplicita: “Per quanto riguarda lo stato di avanzamento della procedura d’infrazione n. 2013/2177 riguardante l’impianto siderurgico ILVA, i servizi della Commissione stanno attualmente monitorando l’attuazione del piano ambientale per quanto riguarda i restanti lavori da eseguire. La decisione sulle prossime fasi della procedura dipende dalla corretta attuazione del suddetto piano“. Come è mai possibile che Ursula von der Leyen risponda agli europarlamentari italiani con gelido burocratese sostenendo che la Commissione sta monitorando? Cosa sta monitorando in realtà se risponde nel 2021 e l’ultima azione della Commissione nei confronti dello stato italiano risale al 2014 ed oggi la documentazione prodotta dagli organi di controllo ci conferma che proprio il piano ambientale che la Commissione sta monitorando è in ritardo sulle tempistiche e nel frattempo ArcelorMittal ha già pensato di archiviare questo piano per passare ad un ennesimo nuovo piano ambientale? Perché l’infrazione nei confronti dell’Italia in tutti questi anni non è approdata in Corte di giustizia nonostante la sonora condanna della Corte Europea dei Diritti dell’Uomo del 24 gennaio 2019, con sentenza definitiva il 24 giugno, a seguito del ricorso “Cordella e altri contro l’Italia” (documento) con la quale i giudici europei riconoscono la violazione dell’art. 8 (avendo considerato l’art. 2 parte integrante dell’art. 8), e dell’art. 13 della Convenzione? Proprio questa sentenza della CEDU mette al bando i decreti “Salva Ilva” compresi quelli legiferati dallo stato italiano dopo il parere motivato del 2014. Per meglio comprendere lo stato attuale e recente della questione Taranto relativa alla fabbrica ex Ilva alla Commissione europea potranno servire i documenti relativi all’ordinanza del Sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, (documento), la conseguente sentenza del TAR Lecce (documento) e il decreto del Consiglio di Stato (documento). In realtà sembra che la Commissione europea non abbia nessuna intenzione a far arrivare l’infrazione INFR(2013)2177 in Corte di giustizia. La conferma l’abbiamo avuta a dicembre 2019 quando abbiamo acquisito questa intercettazione ambientale che riporta le dichiarazioni di un funzionario della direzione generale Ambiente della Commissione europea.

Questo imbroglio è peggio della brexit. Va completato il piano ambientale, chiunque sia a farlo, sia il Governo che ArcelorMittal. Dal punto di vista della Commissione europea la procedura di infrazione va contro il Governo italiano chiunque sia il proprietario o gestore e il piano ambientale va completato senza ulteriori ritardi altrimenti ci ritroveremmo davanti alla Corte. Ci sono state riunioni continue e col casco e la tuta eravamo all’Ilva di Taranto anche questa estate a vedere la Cimolai che stava facendo la cupola stile Chernobyl che copre i parchi per evitare che il quartiere Tamburi continui a respirare quello che esce da là, questa cosa la seguiamo passo passo. Dal punto di vista formale la procedura di infrazione si è fermata allo stadio “parere motivato” con l’abilitazione del collegio ad andare alla Corte in qualunque momento e noi siamo in grado di farlo a partire dal primo gennaio (2020 ndr) in qualunque momento se il Governo non riesce a metterci una pezza, perché c’è un piano ambientale che era valido e le scadenze indicate nel piano ambientale avevano permesso a noi di non eseguire il ricorso alla Corte che era già pronto; essendoci nuovi sviluppi perché il piano negoziato da Di Maio è migliorativo rispetto a quello di Calenda; c’erano degli impegni supplementari nel famoso addendum e soprattutto le scadenze sono state accorciate. Noi in virtù di questi miglioramenti ottenuti dal Governo abbiamo sospeso il ricorso che era pronto per essere depositato alla Corte europea di giustizia. Noi abbiamo sospeso il ricorso alla Corte che era già pronto perché il Governo all’epoca guidato da Giuseppe Conte con Di Maio al Mise ha ottenuto dei miglioramenti da ArcelorMittal e i soldi che hanno messo sul tavolo erano tali da garantire che il piano sarebbe stato implementato, completato nelle scadenze a partire dalla copertura dei parchi. Se le cose fossero andate avanti come da tabella di marcia non staremmo neanche qui a parlarne, se invece quel processo dovesse subire ritardi in virtù dell’uscita di ArcelorMittal che vuole chiamarsi fuori dovremmo rivedere tutto ma a quel punto la procedura di infrazione riparte nei confronti del Governo italiano perché chi abbia gestito l’impianto in questi mesi non è un problema nostro ma del Governo italiano. Noi ci aspettiamo che in qualche modo il Governo riesca a costringere ArcelorMittal a finire quella parte dei lavori che devono essere completati. Abbiamo dato atto al governo di aver ottenuto dei miglioramenti rispetto al quadro complessivo definito da Calenda e che quei miglioramenti erano tali da permetterci di non chiedere conto davanti alla Corte di giustizia dei ritardi accumulati, ogni ritardo ulteriore, perché dal 2013 è una successione di promesse mancate non avvenute con i termini e le scadenze che venivano successivamente rinviati e spostati sempre più in là, ritardi ulteriori sarebbero difficilmente compatibili con infrazione 2013 e 2014 parere motivato, e a gennaio siamo al 2020“.

Al funzionario della Commissione europea bisogna dare atto di aver detto una cosa giusta quando nelle sue dichiarazioni sostiene che “Questo imbroglio è peggio della brexit”. Ha perfettamente ragione, questo è un grande imbroglio che non ha consentito alla legislazione europea di fare il suo corso, chissà per quale motivo poi. E’ inoltre veritiero nel senso pratico ma poco adatto in termini di morale accostare Taranto a Chernobyl, primo perché i rifiuti radioattivi di quel disastro del 26 aprile del 1986 sono ancora in buona parte stoccati a Taranto nonostante le opere di bonifica, secondo perché paghiamo da decenni il duro costo del danno sanitario conseguente ad un massiccio inquinamento delle matrici ambientali. Sicuramente non risulta essere molto professionale e congruo al ruolo di funzionario della Commissione far passare la copertura dei parchi come obiettivo ambientale atto al miglioramento delle condizioni di vita della popolazione, per diversi motivi. E’ noto infatti che quella copertura sia stata realizzata in totale violazione del Testo Unico Ambientale per omessa bonifica ed inoltre le coperture sono assolutamente inutili visto che la città viene ricoperta comunque dalle polveri dei minerali utilizzati nel ciclo produttivo. Tutto documentato in questo articolo per la questione omessa bonifica ed in questo articolo per confutare l’inutilità dell’opera e conseguenti polveri sulla città, in particolare nel quartiere Tamburi. Ma questi documenti la Commissione europea li ha mai letti o ha mai acquisito gli atti di questi episodi ben noti anche alla Procura di Taranto perché depositati a mezzo denuncia dai cittadini?

Ma le dichiarazioni del funzionario della commissione risultano davvero indifendibili quando si sostiene che la procedura di infrazione è pronta ad arrivare in Corte. Indifendibile ed imbarazzante in virtù del fatto che proprio il funzionario sostiene che l’unico motivo per cui l’infrazione non sia approdata in Corte di giustizia è che la Commissione segue da vicino e passo passo l’evolversi del piano ambientale e la stessa cosa la sostiene anche Ursula von der Leyen nella risposta agli europarlamentari italiani, il primo a dicembre 2019, la seconda a gennaio 2021. E’ proprio lo stato di attuazione del piano ambientale, nel corso di questi anni ed in particolare nella gestione degli impianti da parte di ArcelorMittal dal 2018 ad oggi, a dimostrare che sono diversi e noti i ritardi del piano ambientale. Ed è proprio il funzionario della commissione ad ammettere dei notevoli ritardi che provengono dal lontano 2013. Si perché c’è da fare un doveroso distinguo tra i piani ambientali che si sono susseguiti in questi anni. Gli impianti ex Ilva oggi sono in marcia sotto diverse autorizzazioni e piani ambientali: l’AIA (Autorizzazione Integrata Ambientale) del 2011, il riesame AIA del 2012 ( prescrizioni che andavano attuate entro il 2015 e che grazie ai successivi decreti emanati dal Governo italiano sono state rimantate al 2017) e l’AIA del 2017 (che rimanda le prescrizioni che dovevano essere attuate entro il 2015 sino al 2023). A queste autorizzazioni e alle loro rispettive prescrizioni si intersecano i piani ambientali: il primo inserito a mezzo decreto del 14 marzo 2014, quello che servì a dilatare i tempi di attuazione delle prescrizioni del riesame AIA del 2012, il secondo quello adottato da ArcelorMittal che il funzionario cita con l’aggiunta dell’addendum tra i due ministri al Mise Calenda e Di Maio e che ad oggi risulta ancora non attuato e non rispettato nelle scadenze ed inoltre rischia di non essere attuato nell’ultima scadenza posta, cioè quella del 2023. Ma a questo ci arriviamo tra un po’.

La Commissione europea è informata del nuovo accordo tra ArcelorMittal e Governo italiano di dicembre 2020 che rimodulerebbe per l’ennesima volta l’attuale piano ambientale in essere? Certo che si visto che a gennaio 2021 ha dato il via libera previa autorizzazione dell’antitrust per l’aumento di capitale per l’entrata di AmInvestCo nella gestione dello stabilimento con ArcelorMittal. E’ vero, come sostiene il funzionario della Commissione, che a loro non interessa chi gestisce gli impianti, che non è un problema loro ma del Governo italiano, ma la Commissione non può ignorare il fatto che si giungerà al closing dell’acquisto da parte di AM InvestCo dei rami d’azienda Ilva entro maggio 2022 a questa condizione, come da comunicato di ArcelorMittal. Le condizioni sospensive al closing comprendono: la modifica del piano ambientale esistente per tenere conto delle modifiche del nuovo piano industriale; la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto; e l’assenza di misure restrittive – nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata – nei confronti di AM InvestCo. Ancora una ulteriore modifica al piano ambientale con un altro piano ambientale! Ma tornando a quello attuale ci si chiede come possa la Commissione europea rimanere immobile nei confronti dell’Italia con l’infrazione (2013)2177 senza portarla in Corte in virtù del fatto che agli atti dei documenti ufficiali risulta non attuato rispettato alle tempistiche stabilite!

Ed allora, ricapitolando: dopo l’avvio dell’infrazione nel 2013, parere motivato nel 2014, anni di vuoto e a dicembre 2019 si sostiene di  essere pronti ad andare in Corte se non viene attuato l’attuale piano ambientale, nel 2020 il gestore degli impianti non rispetta il piano ambientale, e ci sono tutti i documenti che lo confermano, mentre ArcelorMittal si è già accordata con il Governo italiano per farne uno nuovo piano ambientale di cui non si conosce nulla perché è legato a un nuovo piano industriale anch’esso sconosciuto pretendendo anche la revoca di tutti i sequestri penali riguardanti lo stabilimento di Taranto e l’assenza di misure restrittive, nell’ambito dei procedimento penali in cui Ilva è imputata, nei confronti di AM InvestCo. Che grande imbroglio! Che la Brexit a confronto è una passeggiata nella Ruhr!

Ma arriviamo alla conclusione: i ritardi dell’attuale piano ambientale che, se la Commissione avesse preso in considerazione (impossibile che non gli abbia letti), avrebbero già portato a conclusione la procedura d’infrazione (2013)2177 con il Governo italiano in Corte di giustizia. A questo link i documenti relativi a verbali, note, cronoprogrammi e relazioni agli atti dell’Osservatorio ILVA di Taranto che è cabina di regia per il monitoraggio dell’attuazione del piano ambientale Ilva aggiornato alla riunione del 16 luglio 2020. Questi documenti confermano i ritardi sui tempi di attuazione del piano ambientale, quello monitorato dalla Commissione europea, in particolare da Ursula von der Leyen. Di seguito un estratto di questi documenti riportati sul Corriere di Taranto che proponiamo per facilitare la lettura dei documenti dell’osservatorio disponibili in download al link indicato.

Proroghe richieste dall’azienda

sulle tempistiche di attuazione da parte dei Commissari straordinari di ILVA S.p.A. in A.S., su richiesta della società ArcelorMittal Italia S.p.A. trasmesse con nota del 21 aprile 2020 così come riportato agli atti dell’Osservatorio permanente. Chiusura nastri trasportatori (prescrizione n. 6), con termine originariamente previsto al 31 maggio 2020 e differimento richiesto al 31 luglio 2021 (14 mesi); completamento degli impianti di trattamento dei reflui di cokeria e degli altoforni (punti 1 e 2 della prescrizione n. UA11) e adeguamento dell’impianto di trattamento dei reflui presso l’area di laminazione (punto 5 della prescrizione n. UA11), con termine originariamente previsto al 30 giugno 2020 e differimento richiesto al 31 dicembre 2020;  interventi su Batterie n. 7-8 (prescrizione n. 16.m)-42-49) da realizzare entro il 31 dicembre 2020 e differimento richiesto al 31 maggio 2021; rimozione del cumulo polveri e scaglie in area Parco Minerale (prescrizione n. UP2), con termine originariamente previsto al 31 dicembre 2020 e differimento richiesto al 31 dicembre 2022; gestione fanghi acciaieria e d’altoforno e polverino d’altoforno (prescrizione n. UP3), con termine originariamente previsto al 31 dicembre 2020 e differimento richiesto al 23 agosto 2023

Il Direttore generale del Ministero dell’Ambiente

a seguito di tali richieste fa notare che non risultano ancora pervenuti i documenti indispensabili alla valutazione delle istanze di proroga oggetto della succitata nota dei Commissari straordinari del 21 aprile 2020 e relative agli interventi sulle batterie 7-8 e alle prescrizioni UP2 e UP3, tutti con scadenza 31/12/2020. E’, pertanto, necessario che il Gestore fornisca, quanto prima, tali elementi ai Commissari straordinari al fine di poter convocare una riunione della Conferenza di Servizi e acquisire le relative determinazioni in merito a tali ulteriori proroghe.

La Commissione AIA-IPPC

accoglie le richieste di proroga anche se è la stessa a sollevare preoccupazioni circa i cronoprogrammi in virtù della nota Dir. 326/2020 del 14 luglio 2020 trasmessa dal gestore ArcelorMittall a conferma della richiesta di proroga di 5 mesi per la realizzazione della doccia 4-bis, per l’installazione delle valvole SOPRECO e per l’intervento relativo al sistema di aspirazione allo sfornamento. Si evidenzia che, con la citata nota del 14 luglio, non è pervenuto il cronoprogramma relativo alla richiesta di proroga per l’installazione del filtro a maniche al camino E424; la conferma della proroga di 24 mesi richiesta con l’istanza di differimento dei Commissari straordinari per l’attuazione della prescrizione UP2 e di 32 mesi per la UP3, proroga quest’ultima estremamente critica poiché copre un periodo molto lungo e la scadenza prevista è a ridosso del termine ultimo del 23 agosto 2023 previsto dal DPCM del 2017 per la realizzazione di tutti gli interventi. In altri termini, a fronte di richieste di proroghe temporali ingenti, preso atto delle criticità rappresentate in merito al trasporto transfrontaliero e tenuto conto dell’assenza allo stato di proposte alternative tese anche alla messa in sicurezza temporanea dei suddetti cumuli, non si ha sufficiente garanzia della reale attuazione delle prescrizioni UP2 e UP3. Ai fini delle valutazioni delle istanze di proroga oggetto della succitata nota dei Commissari straordinari del 21 aprile 2020 e relative agli interventi sulle batterie 7-8 e alle prescrizioni UP2 e UP3, tutti con scadenza 31/12/2020, ad oggi non risulta ancora pervenuto il cronoprogramma relativo all’intervento di installazione del filtro a manica al camino E424 delle batterie 7-8, oltre che le valutazioni degli effetti ambientali del differimento degli interventi richiesto. Per la copertura del parco fossile, il ritardo rispetto alla scadenza del 31 maggio 2020 fissata nell’addendum al contratto di affitto, la cui valutazione resta in capo ai Commissari straordinari, nell’ambito di quanto previsto del contratto stesso. Con riferimento alla prescrizione n. 55-57, il DPCM prevede l’installazione di filtri a manica su una delle due linee (E e D) dell’impianto di sinterizzazione entro il 31 dicembre 2021. Tenuto conto che ad oggi non è pervenuto il nuovo cronoprogramma, che da quanto comunicato più volte dal Gestore risulta ancora in fase di aggiornamento dopo la sospensione per l’emergenza sanitaria, dal riscontro dei cronoprogrammi trasmessi, con nota n. Dir. 590/2019 del 28/10/2019, in occasione dell’ultima riunione dell’Osservatorio di ottobre 2019, ad oggi sono ascrivibili ritardi tra i 5-9 mesi che potrebbero compromettere la scadenza del 31 dicembre 2021 prevista per la prima linea dell’impianto di agglomerazione. Tenuto conto della fondamentale importanza di tale intervento risulta necessario acquisire un aggiornamento del cronoprogramma e avere certezza sull’avvio del relativo cantiere e sulle azioni messe in atto per garantire il pieno rispetto della tempistica prevista. Concludendo si evidenza allo stato un generale ritardo di 5-9 mesi delle varie fasi dei cronoprogrammi, slittamento che potrebbe avere ripercussioni sul rispetto dei termini previsti dal DPCM e, quindi, comportare la richiesta di ulteriori proroghe, se non addirittura compromettere, nel caso delle prescrizioni UP2 e UP3, il rispetto anche del termine ultimo del 23 agosto 2023 previsto dal DPCM per la conclusione di tutti gli interventi del piano. In relazione al Programma Organico di Rimozione Amianto (PORA), si rammenta che l’Osservatorio, a partire da maggio 2019, ha chiesto ad AMI di aggiornare tale piano con frequenza trimestrale, inserendo eventuali interventi relativi a manufatti rinvenuti e non ancora censiti e per i quali può essere programmata nell’ambito del PORA la loro rimozione. Dall’aggiornamento fornito con la nota del 14 luglio 2020 emergono ritardi su circa 12 linee di intervento. Pertanto si richiede, in occasione del prossimo aggiornamento, di fornire anche una relazione dettagliata sui ritardi accumulati e sulle misure intraprese al fine di recuperare tali ritardi e garantire il rispetto delle tempistiche previste. Risulta inoltre necessario inserire in tali relazioni il quantitativo del materiale rimosso con riferimento a quanto riportato all’art. 13, comma 2 del DPCM 2017.

Al fine di escludere ogni dubbio circa le responsabilità di tale ritardi, e tenuto conto che nel corso del 2020 i suddetti ritardi sono stati dichiarati da parte dell’azienda riconducibili all’emergenza sanitaria covid si riporta in questo articolo di novembre 2019 la richiesta, sempre da parte dell’azienda, di 5000 operai in esubero, quando l’emergenza sanitaria era ancora sconosciuta, e le richieste di cassa integrazione, sempre per 5000 operai in esubero causa covid, come si può leggere in questo articolo di giugno 2020. Come si può essere quindi credibili? Si invita la Commissione europea a prendere in considerazione tale documentazione al fine di processare la procedura di infrazione INFR(2013)2177 dal titolo “AIR- ILVA STEEL PLANT IN TARANTO – BREACH OF THE IPPC AND INDUSTRIAL EMISSIONS DIRECTIVES ” portando il Governo italiano davanti alla Corte di giustizia dell’Unione europea (CGUE).