di Luciano Manna – Martedi 9 giugno questa tartaruga marina, Caretta caretta, viene ritrovata morta nel secondo seno del Mar Piccolo. La Tartaruga era stata attirata dalle esche di un palamito, ‘u cuenz, che era stato calato da pescatori di frodo.  In quelle acque qualsiasi tipo di pesca è interdetta per effetto di ordinanza della Capitaneria di Porto ma, purtroppo, continuano ogni giorno le attività di pesca illecita che fa mattanza delle tartarughe e devasta la flora marina. La Tartaruga, una volta ingoiata l’esca, ha provato a liberarsi ma è finita ingrovigliata nella lunghissima lenza sino a morire per difficoltà a nuotare e quindi impossibilitata a raggiungere la superfice per respirare. L’hanno trovata morta che galleggiava ingrovigliata nel palamito. Negli anni scorsi la stessa sorte è toccata ad molte altre tartarughe marine, tutte morte ammazzata con colpi di remi, decapitate, con pietre ancorate alle zampe per farle affondare. Tutte azioni criminali che continuano ad operare indisturbate.

Solo due giorni prima, domenica 7 giugno, un sub libera un’altra tartaruga marina, Caretta caretta, che era stata legata ad un filare di cozze con un nodo tipo cappio in modo da farla affondare ed ammazzarla per non farla respirare in superfice. In questo caso la storia, fortunatamente e grazie all’intervento di un sub, ha un lieto fine. Una azione criminale da parte di pescatori di frodo che continuano a depredare il Mar Piccolo con operazioni di pesca illecita. Questa gente, con il sacro mestriere del pescatore non ha nulla da condividere. A questi comportamenti si aggiunge la comunicazione deviata. Non si comprende per quale motivo buona parte della stampa locale tarantina abbia riportato un’altra versione: “tartaruga impigliata nella rete delle cozze”. Scarsa informazione o omertà? La vera versione la riporta il TgNorba dove il presidente dell’associazione Mare per Sempre chiarisce ciò che accade nel Mar Piccolo, e che non dovrebbe assolutamente accadere. Fa molto rumore, invece, il silenzio dell’amministrazione comunale di Taranto che da troppo tempo, e neanche in questo caso, non ha condannato questi veri e propri crimini contro una delicatissima biodiversità che sopravvive in un ecosistema già compromesso dall’inquinamento. Loghi e slogan lanciati per mezzo di una propaganda posticcia ed ideata da dilettanti della comunicazione non cambieranno le sorti di questo territorio e non contrasteranno le mafie che gestiscono il comparto ittico. Già, le mafie.