Cosa sta succedendo negli impianti dell’agglomerato dell’ex Ilva di Taranto? Cosa esce dal camino E312?
“Gli impianti si fermano più volte. Abbiamo seri problemi elettrici agli elettrofiltri. La cosa più grave è che l’azienda non ci mette in condizioni di risolvere il problema tantomeno di capire da cosa dipende. In queste condizioni, inevitabilmente, dal camino E312 si verificano emissioni anomale e sappiamo che da lì esce diossina. Il mancato rilevamento dello SME, il sistema di monitoraggio in continuo delle emissioni del camino E312, probabilmente, è dovuto dalle ripetute operazioni alle cabine elettriche che riavviamo quando si verificano questi problemi. Il cuore della questione si focalizza negli elettrofiltri primari E81 dove alcuni campi si fermano, ma non capiamo il motivo del suo arresto. Capita che più volte nello stesso turno di lavoro, il campo si ferma e il sistema rileva solo un allarme generico, per questo non capiamo da cosa dipende. Riusciamo a farlo ripartire solo resettando dalla cabina ELE o dal sinottico. E’ assurdo gestire questi impianti con un banale “spegni e riaccendi” che non risolve il problema e fa verificare emissioni anomale dal camino. In tutto questo filtri i meep lavorano male perché arrivano a saturazione di captazione sulle placche elettrostatiche e di conseguenza si verifica un rilascio incontrollato delle polveri captate nelle sacche dei redler tanto da costringerci alla fermata della linea per smaltire nei sacconi il materiale che altrimenti verrebbe veicolato in atmosfera. Più di questo, per evitare emissioni dal camino, e oltre a denunciare ciò che accade, non riusciamo a fare.”
Oltre ai seri problemi impiantistici degli impianti dell’agglomerato asserviti al camino E312, sembrano esserci serie criticità anche nello stoccaggio temporaneo dei sacconi che contengono le polveri dei filtri meep ed esp. Le fotografie mostrano le polveri diffuse sui pavimenti degli ambienti in cui si stoccano le polveri degli elettrofiltri primari e secondari dell’impianto agglomerato che sono rifiuti speciali pericolosi con codice Cer 100207 e con caratteristica pericolo HP10, cioè teratogeno: pericoloso per la riproduzione, e quindi che ha effetti nocivi sulla funzione sessuale e sulla fertilità degli uomini e delle donne adulti, nonché sullo sviluppo della progenie. I pavimenti delle aree di stoccaggio dei big bags, dove operano i muletti manovrati dagli operai, sono ricoperti da polveri finissime. Questi sacconi, inoltre, vengono stoccati in ambienti che non hanno un contenimento sui pavimenti, accanto alle feritoie delle fogne o di raccolta acque di prima pioggia o, come si mostra nelle fotografie, posti accanto all’entrata di un ufficio.
Ma i problemi dell’agglomerato nascono a monte, cioè quando tutti i minerali, provenienti per mezzo dei nastri dalle aree di stoccaggio, vengono convogliati in questi impianti per preparare l’omogeneizzato, che sarà cotto a 1200 gradi da cui scaturiscono le polveri che a loro volta raggiungono i 300 gradi, per essere convogliato negli altiforni. Questi impianti sono un vero e proprio colabrodo e le giornaliere ed evidenti perdite di minerali saranno letteralmente smaltite per mezzo di spalate con pala e carriola dagli operai delle ditte in appalto.
Le ultime tracce di movimentazione delle polveri degli elettrofiltri risalgono al 2017, destinazione per lo smaltimento l’impianto della società AMBIENTHESIS SPA, con sede ad Orbassano in provincia di Torino (scarica i documenti). Per comprendere la pericolosità, anche nello stoccaggio, di queste polveri basta menzionare un episodio accaduto nello stabilimento ex Ilva di Taranto, oggi gestito da ArcelorMittal.
Proprio in occasione delle operazioni logistiche, per il conferimento presso la società piemontese, alcuni sacconi che contenevano questi rifiuti speciali pericolosi furono posti in attesa di spedizione su un mezzo che a sua volta fu posto in sosta nell’area parcheggio denominata “La Rotonda”. Il 2 luglio, alle ore 17.00, gli addetti dell’area parcheggio notarono che si sprigionava un principio di incendio che interessava questi big bags e fu necessario l’intervento dei Vigili del Fuoco del Comando Provinciale di Taranto. A seguito di questo episodio solo il giorno dopo Ilva fece intervenire la ditta Castiglia srl per le operazioni di pulizia e il riconfezionamento dei materiali in nuovi big bags e successivamente fece rientrare in stabilimento l’intero carico. Nella stessa documentazione fornita da Ilva si legge che il carico è rientrato in stabilimento “causa ignizione”, cioè una combustione che per alcuni materiali avviene senza nessun innesco e soltanto per il raggiungimento di una determinata temperatura.
Gli impianti dell’agglomerato e le sale di controllo, ad esempio, potrebbero essere luogo di pellegrinaggio per i Commissari di Governo nell’imminente ispezione nello stabilimento tarantino, magari in compagnia dei parlametari tarantini dissolti nei fumi di questa drammatica vicenda che investe una intera comunità, sempre che, gli affittuari ArcelorMittal, consentano loro l’accesso. Che triste e vergonoso epilogo per qualsiasi rappresentante politico ed istituzionale, mentre questi impianti continuano a marciare, sotto sequestro dal 2012, e a produrre un danno sanitario incalcolabile.