Nonostante la fitta rete di controlli che, sino a pochi mesi fa, ha prodotto sequestri e denunce eseguite dalle Forze dell’Ordine nell’ambito del contrasto alle attività illecite di pesca e commercio delle oloturie nei mari di Taranto, non sembra essere sgominata del tutto la filiera illecita e criminosa che sta portando allo sterminio delle cosiddette pizze marine. Le immagini anche troppo eloquenti realizzate nel mese di dicembre dimostrano che sono diverse le imbarcazioni impegnate in queste attività di pesca illecita, in pieno giorno nella rada del Mar Grande.
Qualsiasi attività di pesca in questi specchi d’acqua è assolutamente interdetta dal “Regolamento di sicurezza e dei servizi marittimi del Porto di Taranto” della Capitaneria di Porto di Taranto. Ciò vale, quindi, anche per attività di pesca con le reti, mentre il divieto di pesca delle oloturie è sancito dalla Legge del 27 febbraio 2018 che, tra l’altro, pone scadenza del divieto al 31 dicembre 2019, sperando in una proroga. Prima di questa legge, la Procura di Taranto, grazie al lavoro del PM Mariano Buccoliero, ha potuto agire sulla base di uno studio apposito chiesto al CNR che dimostrava la vitale importanza delle oloturie per l’ecosistema marino in virtù del fatto che questo mollusco ha una alta capacità depurativa delle acque con notevole carica batterica.
Nonostante, quindi, l’azione della Procura e dei militari oggi questa minaccia è del tutto reale ed operosa. Queste attività sono delle vere e proprie azioni criminali che devastano il delicato equilibrio marino dei mari di Taranto. Come già raccontato da VeraLeaks in questo articolo di febbraio, i pescatori locali guadagnano poco meno di 10 euro al chilo per il prodotto immesso nel mercato illecito che dopo aver raggiuto le province salentine sbarca in Grecia per poi raggiungere l’est europeo e poi la tappa finale, la Cina, dove, a seconda della qualità dell’oloturia, viene venduta alla ristorazione asiatica a prezzi che superano i 400 euro al chilo.
Alla pesca illecita delle oloturie si aggiungono attività di pesca con le reti assolutamente vietate che devastano i fondali e portano nelle reti pesci “sotto taglia” che poi regolarmente vengono venduti nel mercato del pesce comunale, quello della Vasto. Nessun controllo, assenza di un punto di sbarco autorizzato, di una dichiarazione ufficiale del pescato, di una vendita tracciata ai fini fiscali, di un prodotto posto sui banchi del mercato con l’adeguata tracciabilità e le dovute norme igieniche. Purtroppo questi illeciti vengono svolti giornalmente da imbarcazioni note e riconoscibili con tanto di nome del peschereccio e di targa, informazioni che naturalmente sono riconducibili ad attività commerciali del comparto ittico locale e legate a famiglie note.
Attività illecite e criminose che si svolgono giornalmente sotto gli occhi di tutti. Quanto accade ogni giorno nel Golfo di Taranto farebbe impallidire le attività più moleste di pirati senza scrupoli dei mari caraibici. Ma le Forze dell’Ordine non possono risolvere il problema da sole. Mancano i mezzi, mancano le unità operative. La responsabilità maggiore pesa sull’amministrazione comunale che, tacitamente, fa il gioco delle attivtà criminose. Questo commercio e questi traffici non si risolvono con la propaganda politica che riempie i titoli di giornali con progetti e protocolli di intesa a scatola vuota che fanno effetto, come i fuochi di artificio, solo quando vengono sparati. Un secondo dopo torna tutto buio. Le famiglie mafiose e criminali ringraziano e i sacchi delle oloturie continuano a venire su dal mare. Come in questa fotografia.