di Luciano Manna – Il Dipartimento di prevenzione della Asl di Taranto ha comunicato al sindaco di Taranto, Rinaldo Melucci, il declassamento temporaneo delle acque per molluschicoltura da tipo “A” a tipo “B” per una determinata zona di stabulazione sita nel Mar Grande di Taranto in cui opera una cooperativa del settore della miticoltura. La notifica avviene dopo la comunicazione dell’Istituto Zooprofilattico Sperimentale della Puglia e Basilicata che in data 11 febbraio 2019 ha inoltrato al Dipartimento le evidenze analitiche di un rapporto di prova, relativo ad un campione prelevato il 4 febbraio 2019, che confermano un valore di Escherichia Coli pari a 450 MPN/100 g di polpa e liquido intervalvare che supera il limite fissato per una zona classificata “A”, cioè di 230. Tale valore non rispetta i criteri di sicurezza microbiologica per zona di tipo “A” previsti dal Regolamento CE 853/04. Questa stabilisce che “se i risultati del campionamento indicano che i requisiti sanitari per i molluschi non sono rispettati o che potrebbero esserci un altro rischio per la salute umana, l’Autorità competente deve chiudere la zona di produzione interessata impedendone la raccolta di molluschi bivalvi vivi. Tuttavia, l’Autorità competente può riclassificare una zona come classi “B” o “C” se soddisfa i pertinenti criteri stabiliti e non presenta altri rischi per la salute umana”.
Il Dipartimento di prevenzione, inoltre, obbliga la cooperativa interessata dalla notifica, alla depurazione del prodotto prima del consumo umano e durante il periodo di declassamento, ad indicare sul Documento di Registragione (D.d.R.) che scorta il prodotto lo stato sanitario di appartenenza, “Classe B temporanea per superamento dei limiti di E. Coli”. Nello stesso periodo il Servizio Veterinaio sarà impegnato ad effettuare un piano di campionamento straordinario in “regime di sorveglianza” al fine di revocare le misure adottate solo quando saranno accertati i requisiti sanitari per i molluschi bivalvi che sono stati oggetto della non conformità.
Ad ottobre del 2018 la stessa procedura e gli stessi provvedimenti erano stati adottati per un’altra zona in gestione ad un’altra cooperativa che opera sempre nella mitilicoltura e nelle acque del Mar Grande di Taranto. In quel caso il valore riferito al MPN/100 g di polpa e liquido intervalvare arrivava a 490 a fronte del noto limite di 230 per le acque di tipo “A”.
Va anche specificato che diverso prodotto immerso nelle acque del Mar Grande proviene da oltre la provincia di Taranto e quindi, spesso, in queste attività non viene viene prodotta la classica cozza tarantina. In alcune aree del Mar Grande dove giungono mitili da altre regioni italiane, purtroppo, avvengono ancora oggi operazioni abusive di movimentazione ed etichettatura falsa del prodotto ittico. Per questi motivi, nonostante la mole di lavoro del Dipartimento di prevenzione della Asl di Taranto che si adopera nei controlli ordinari e straordinari, diversi mitili frutto illecito della filiera tarantina arrivano sulle tavole del consumatore e spesso, proprio a causa delle operazioni di etichettatura falsa, vengono commercializzati in altre province pugliesi dopo aver saltato i controlli sanitari previsti dalla legge.
Per il sindaco Melucci doveva essere l’anno zero per la mitilicoltura, anno in cui avrebbe lavorato ad un marchio di origine, ma dopo il 2018, anno in cui i livelli di diossina rilevati nel Mar Piccolo di Taranto raggiungono il picco massimo dal 2011, arriva anche un temporaneo declassamento delle acque interessate a questo tipo di attività perché nel prodotto si rilevano alti valori di Escherichia Coli. A ciò si aggiunge che le attività illecite sono ancora attive ed operanti nel commercio dei mitili. In questa situazione di emergenza per il settore della mitilicoltura è anche difficile comprendere i risultati prodotti dal connubio tra il vicesindaco Tilgher e il commissario Corbelli che hanno comunicato alla stampa promesse di impegno per la filiera delle cozze. Oltre alle ingenti spese per bonificare aree in cui rimane attiva la fonte inquinante, ed i valori di diossina e pcb continuano ad aumentare, rimangono forti i dubbi in merito alla idoneità delle acque in cui nel Mar Grande vengono allevati i mitili e dove confluiscono scarichi fognari che non contribuiscono di certo alla salubrità delle acque e di conseguenza alla qualità del prodotto allevato. Come è possibile promettere marchi di qualità e prestigio della filiera con fonti inquinanti di ogni tipo attive ed in totale assenza delle infrastrutture?
La miticoltura e i lavoratori impegnati in questo settore vanno tutelati da inquinamento ed illegalità, ma da troppi anni, oramai, si attende il frutto delle vane promesse politiche ed istituzionali. Sino ad oggi abbiamo visto solo la crisi del settore e la chiusura delle cooperative di lavoratori onesti impegnati nella mitilicotura con conseguente crescita della disoccupazione. Il mestiere più antico della nostra città non si tutela con i proclami nelle conferenze stampa, ci vuole ben altro: risorse economiche realmente destinate agli investimenti nel settore e bonifica delle aree a fonti inquinanti definitivamente disattivate.