di Luciano Manna – Nei laboratori dello stabilimento Ilva di Taranto i risultati delle analisi venivano pilotati grazie ad un sistema collaudato e perpetrato negli anni ad opera di diverse persone che agivano con l’intenzione di modificare i valori ottenuti dalle analisi dei campioni eseguiti in laboratorio per le matrici matrici ambientali al fine di farli rientrare nei parametri di legge. VeraLeaks giunge a questa conclusione grazie alla testimonianza di un ex operaio Ilva, che nelle sale di questi laboratori ha lavorato per diversi anni, che ha incontrato ed ascoltato grazie all’intermediazione dell’associazione Genitori Tarantini. Di seguito si riporta una dichiarazione parziale dell’ex operaio, dove vengono omessi i nomi delle persone coinvolte e dove lo stesso operaio spiega il sistema che si adottava per pilotare questi valori.

(La versione integrale viene messa a disposizione della Procura di Taranto, sarà depositata nei prossimi giorni. Nella seguente ogni nome reale è stato sostituito con una lettera dell’alfabeto fonetico).

Ero impiegato nella SAE/ECO (Sicurezza Ambiente ed Ecologia) negli anni (…) e mi occupavo dei campionamenti di fumi e polveri nello stabilimento Ilva di Taranto ed in particolare negli impianti dell’Agglomerato, Cokeria, Altiforni e sui camini asserviti agli stessi impianti. Ho eseguito anche operazioni di campionamento delle acque reflue e di caratterizzazione dei terreni e del sottosuolo che avvenivano tramite i cosiddetti carotaggi. Ad esempio, ho partecipato anche ai campionamenti della caratterizzazione Ilva/Sanac. Noi avevamo un programma giornaliero dove venivano elencati tutti gli impianti da controllare durante la giornata lavorativa e siccome ogni campionamento per legge andava eseguito nell’arco temporale di un’ora durante la giornata controllavamo otto impianti.

Quando eseguivo i carotaggi il mio compito concerneva nel fare i campionamenti delle carote nei terreni. Cinque carote da un metro l’una partendo dalla superficie, dal piano di calpestio, quindi il carotaggio interessava 5 metri di profondità nel terreno. Dopo la stratigrafia fatta dal geologo, il dottor Xray, da queste carote dovevo fare i campionamenti per ogni carota estratta secondo le indicazioni date dal mio caporeparto che era il dottor Yankee. In quegli anni il responsabile del laboratorio era un chimico di Bari, il dottor Zulu, prima era l’ingegner Kilo che poi venne staccato per occuparsi delle materie prime. Di seguito il dottor Zulu diventò il capo del laboratorio di analisi che era strutturato in diverse sale: una che si occupava di fumi, una che si occupava di polveri e un’altra sala per carote e acque reflue.

Oltre ai campionamenti eseguivo operazioni come la pesatura dei filtri da mettere nelle sonde per campionare con gli strumenti, prelevavo dal laboratorio la soluzione di permanganato di potassio con cui facevamo i campionamenti che successivamente lo stesso laboratorio analizzava. Durante le mie ordinarie mansioni di lavoro mi resi conto di una cosa un po’ strana; nelle ore di lavoro assistevo la mia squadra nel  fare i campionamenti di fumi e polveri nei vari impianti e mi rendevo conto che si svolgevano procedure che apparivano, a mio avviso, un po’ anomale. Quando tornavamo dalle operazioni di campionamento lasciavamo l’attrezzatura e portavamo i campioni in laboratorio. Prima di andare in laboratorio dovevamo passare con la nostra relazione dal dottor Yankee che leggeva la relazione che avevamo fatto osservando il peso del filtro prima e dopo il campionamento (differenza dai cui si ricavava il peso delle polveri campionate). Lui in alcuni casi riteneva il peso del campione eccessivo in relazione al tempo di campionamento perché faceva un rapporto tra i due valori. In base a quello che noi gli portavamo lui faceva un altro rapportino.

Tenendo conto della normativa e in relazione al tempo di campionamento lui modificava il peso del filtro utilizzato per il campionamento per farlo rientrare nei limiti di legge. Ad esempio, in un impianto come l’agglomerato, dove trovavi il peso di un filtro un po’ eccessivo, che corrispondeva alle polveri che aveva campionato, lui modificava il peso del filtro e lo faceva rientrare nei range. Quando andavamo in laboratorio con i campioni eseguiti sugli impianti, dopo il campionamento, le portavamo nel laboratorio dal dottor Zulu e rimanevamo lì. Io vedevo che dalla sua macchina, per ogni elemento che si nalizzava usciva un rapportino. Mentre uscivano questi rapportini mi facevano notare che alcuni valori erano alti ed io rispondevo, naturalmente, che il campionamento doveva svolgersi in un’ora e che in quell’arco di tempo i fumi campionati, o le polveri, erano effettivamente quelli.

Dopo ciò andavo dal dottor Yankee che vedeva il rapportino uscito dalla macchina. Alcune volte lui mi diceva: “Questo H2S è un po’ alto, non va bene, dobbiamo abbassarlo”. E quindi che cosa faceva? Faceva fare una ulteriore analisi al laboratorio dove però nella macchina i valori poteva anche impostarli chi operava. Allora io riportavo questo rapportino al mio collega che si occupava di analisi e lui tarava la macchina per far uscire i valori nella norma secondo le indicazioni che aveva dato il dottor Yankee, e dopo, quando il foglio arrivava al dottor Zulu, questo riteneva che i valori erano ancora alti e li abbassava ulteriormente, quindi il campione veniva restituito all’operatore. Io ero lì presente quando il dottor Zulu diceva al mio collega: “Guarda, questi valori sono troppo alti, li devi abbassare ancora!”.

La macchina del laboratorio era già tarata per rilevare i valori nei limiti di legge: questi valori prima venivano abbassati dal dottor Yankee e poi il dottor Zulu li abbassava ancora, e siccome lui era il caporeparto i ragazzi che campionavano non potevano rifiutarsi di svolgere alcune operazioni. Il tutto era architettato per dare un risultato controllato e mi ricordo, inoltre, che il mio collega che tarava la macchina per far rientrare i valori nei limiti di legge mi diceva: “Vedi che ci tocca fare per lavorare?”.

Dopo aver visto e vissuto tutta questa situazione andai dal dottor Yankee per portare uno dei tanti rapportini che lui modificò e in quell’occasione gli dissi: “Dottore, mi permette di dirle una cosa? Guardi dottore, a me sembra che queste cose non siano molto regolari perché noi dobbiamo attenerci ai risultati che la macchina ci consegna ed io ho visto che le indicazioni che lei ha dato non mi sembrano una cosa tanto corretta. Inoltre ho visto che il dottor Zulu, ulteriormente, dà indicazioni ad abbassare il risultato sempre alla stessa macchina e per lo stesso operatore che portava quel determinato campione. Il dottor Yankee mi rispose che noi avevamo solo il compito di effettuare i campionamenti, che quelle erano “questioni loro” e noi avevamo quelle disposizioni che dovevamo seguire. Infine mi disse: “Non ti far sentire dall’ing. Whiskey! Non mettere nei guai gli altri tuoi colleghi altrimenti dai direttamente le dimissioni, perché se questa cosa va a finire all’ingegner Whiskey o al dottor Juliett… L’ing.Whiskey e il dott. Juliett erano i nostri capi del SAE. Mi disse anche che se le mie lamentele fossero giunte all’ing. Whiskey questo mi avrebbe licenziato immediatamente e siccome l’ing. Whiskey era diretto fiduciario della famiglia Riva se lui decideva una cosa neanche lui che era caporeparto poteva intervenire su una sua decisione perché la sua parola era quella dei Riva.

Un giorno assistetti ad una accesa discussione tra il dottor Yankee, il mio caporeparto, e il dottor Zulu, responsabile dei laboratori. Il primo diceva al secondo che non dovevano modificare i rapportini dei campionamenti prima di lui perché questa operazione doveva farla prima lui, in modo da poter agire avendo contezza dei risultati originali. Il dottor Zulu rispose al dottor Yankee che così facendo gli risparmiava il lavoro ma il dottor Yankee gli rispose ancora che quando arrivavano le ispezioni di Arpa Puglia questi andavano da lui a chiedere spiegazioni e quindi era lui che doveva avere chiara visione dei valori reali e solo dopo poteva agire modificandoli. Queste procedure anomale avvenivano sia i risultati delle analisi relativi ai campioni eseguiti per i fumi e le polveri che per i carotaggi relativi alle caratterizzazioni.

Successivamente il dottor Yankee parlò con l’ing. Whiskey che a sua volta informò l’avvocato Hotel che in quegli anni faceva parte dell’ufficio legale dell’Ilva. Successivamente questo avvocato mi ha fatto piovere addosso una marea di contestazioni. Inoltre le mie condizioni di lavoro furono più impegnative perché dovetti svolgere mansioni particolari, logoranti fisicamente e psicologicamente, che ho anche denunciato. Ma dopo diversi anni di lavoro ed a causa di questa situazione non sono più operaio Ilva.