A novembre del 2019 l’amministratore delegato della società ArcelorMIttal definì gli impianti dell’area a caldo dello stabilimento ex Ilva di Taranto “criminali” sino a sostenere che all’epoca fosse indispensabile ai fini della produzione avere l’immunità penale. Febbraio 2022: sull’onda mediatica dei filtri a manica meros montati a valle del camino E312 proponiamo a Lucia Morselli di pronunciarsi anche oggi sugli stessi impianti. Estendiamo l’invito a pronunciarsi a tutta la dirigenza della società Acciaierie, Gianluca Baltazzi compreso, il nuovo capo area dell’agglomerato. Naturalmente per tutti l’invito ad esprimersi solo dopo aver visto questo video.

Per chi non è un tecnico la questione da comprendere è molto semplice. Negli impianti dell’agglomerato si produce una miscela di minerali proprio come una impastatrice e questo impasto viene poi cotto per poi essere introdotto nell’altoforno per la produzione della ghisa. I fumi generati da questa cottura producono diossina. Nel video possiamo vedere polveri che provengono da nastri che recuperano materiale fino dopo la cottura, quindi estremamente perisoloso per la salute delle persone. Nello specifico siamo sulla linea D dell’agglomerato, nella zona R72 R72.1 questi nastri, che si trovano tra i collettori che portano i fumi ai filtri meep, trasportano materiale che cade dai carrelli durante la marcia del nastro 31 che con i suoi carrelli in ferro passa sotto il forno di accensione per cuocere l’omogeneizzato. In questa area dell’impianto manca del tutto l’aspirazione secondaria e questo è ciò che accade al materiale trasportato dai nastri che è costituito da polverino e risulta di materiale già cotto, in alcuni casi anche omogeneizzato non ancora cotto o singoli materiali, come il coke, che naturalmente giunto in agglomerato è già passato dal suo processo di distillazione nei forni della cokeria. E’ estremamente grave che le polveri fini derivanti il processo di cottura possano disperdersi in questo modo senza mai arrivare ai filtri.

C’è da specificare che l’agglomerato è costituito da due linee: la D e la E. Le due linee portano l’omogeneizzato composto da minerali di ferro, coke, calcare, calce, ed altri materiali aggiunti alla cottura per poi alimentare con questo impasto cotto l’alfoforno. I fumi che si generano durante il processo di cottura producono inquinanti cancerogeni, tra questi la temuta diossina. Per far fronte alla cattura della diossina si ricorre ad elettrofiltri. Sulla linea E, dove a giugno accadeva questo, i collettori convogliano i fumi ai filtri meros mentre sulla linea D i collettori portano i fumi ai vecchi filtri meep. Le condizioni degli impianti dell’area agglomerato sono fatiscenti ed aver montato i filtri meros significa aver messo un bel terminale cromato ad una marmitta bucata di un’auto vecchia con un motore che ha perdite ovunque. Chi paga il danno ambientale, e di conseguenza quello sanitario, causato dalla dispersione di queste polveri pericolose disperse dopo la cottura in area agglomerato? Forse ci potrà rispondere anche la Commissione europea che qualche giorno fa, nelle more dell’infrazione nei confronti dello stato italiano denominata INFR(2013)2177 del 26 settembre 2013, ha dichiarato di monitorare l’attuazione del piano ambientale. Sono pesanti le responsabilità della Commissione europea che ritiene di non mandare l’Italia in Corte di Giustizia davanti a queste palesi violazioni di Legge.

Questi impianti “criminali” vanno fermati immediatamente. Questi impianti rappresentano un serio rischio per l’ambiente e la salute umana, ma a dirlo siamo in pochi davanti ad uno Stato che ci nega il diritto alla vita e alla salute, a dirlo siamo in pochi anche di fronte ad un grave vuoto informativo e di inchiesta da parte della stampa. Malgrado tutto continueremo a denunciare presso la Procura della Repubblica la conduzione degli impianti della fabbrica ex Ilva Acciaierie d’Italia che commette gli stessi reati processati nel procedimento penale Ambiente svenduto.